La cucina italiana si è sviluppata attraverso secoli di cambiamenti politici e sociali, con radici che risalgono al IV secolo a.C.
La cucina italiana stessa è stata influenzata dalla cucina dell’antica Grecia, dell’antica Roma, bizantina, ebraica e arab.
Importanti mutamenti si ebbero con la scoperta del Nuovo Mondo e l’introduzione di nuovi ingredienti come patate, pomodori, peperoni e il mais, ora fondamentali nella cucina ma introdotti in grandi quantità solo nel XVIII secolo.
La cucina italiana è conosciuta soprattutto per la propria vasta diversità a livello regionale, la sua abbondanza nel gusto e nei condimenti e come classico esempio di dieta mediterranea, riconosciuta come patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO nel 2010, ed è ritenuta la più famosa gastronomia al mondo, con grande influenza a livello internazionale.
L’emittente televisiva statunitense CNN la colloca al primo posto tra le cucine più apprezzate a livello globale.
La caratteristica principale della cucina italiana è la sua semplicità, con molti piatti composti da 4 fino a 8 ingredienti.
I cuochi Italiani fanno affidamento sulla qualità degli ingredienti piuttosto che sulla complessità di preparazione. I piatti e le ricette tradizionali, nel corso dei secoli, sono stati spesso creati dalle nonne più che dagli chef, ed è per questo che molte ricette italiane sono adatte alla cucina casalinga e quotidiana.
Molti piatti italiani che una volta erano conosciuti solo nelle regioni di provenienza col tempo si sono diffusi in tutto il paese.
Il formaggio (alimento di cui l’Italia può vantare la più grande diversità di tipologie esistenti) e il vino (del quale l’Italia è il maggior produttore mondiale) costituiscono una parte importante della cucina italiana, con molte varietà autoctone e una tutela legale specifica.
Anche il caffè, specialmente l’ espresso e quello napoletano, è una bevanda importante e tipica della cucina italiana.
Nato in Italia e di grande importanza internazionale è anche il movimento culturale e gastronomico Slow Food, convertitosi in ente atto alla tutela delle specificità culinarie, il quale salvaguarda svariati prodotti regionali della cucina italiana, sotto il sello dei Presidi Slow Food.
Con queste premesse, devo ammettere che il mio compito e’ veramente arduo.
A casa abbiamo pensato molto a quale cibo avrebbe potuto meglio identificare questa nazione e, devo ammetterlo, non e’ stato assolutamente facile.
Data la giornata di “Befana”, tipica festivita’ nazionale, abbiamo “celebrato oggi con un ossobuco e polenta.
In effetti il clima caldo non e’ molto indicato, ma pazienza.
Negli anni passati ho seguito diversi procedimenti per la preparazione dell’ossobuco (vedi qua e qua), oggi mi sono basata sul libro “La cucina della pentola a pressione” di Lisa Biondi
Purtroppo – per me – ho ecceduto con la quantita’ della carne, quindi ho quasi raddoppiato le dosi degli ingredienti.
Ingredienti x 4 persone – Ossobuco
4 ossibuchi (circa 600-700gr) 80gr di burro o margarina 1/2 bicchiere di vino bianco secco sedano, carota, cipolla tritati 250gr di pomodori pelati 1/2 bicchiere di brodo o dado sale e pepe farina scorza di limone prezzemolo tritati
Procedimento
Per prima cosa tagliuzzate leggermente il bordo della carne, cosi’ che durante la cottura non si arricci.
Nella pentola scoperta fate dorare gli ossibuchi leggermente infarinati nel burro imbiondito, spruzzateli con il vino bianco che lascerete evaporare, salate, pepate ed unite il trito di sedano, carota e cipolla.
Lasciate insaporire poi aggiungete i pomodori pelati ed il brodo.
Chiudete la pentola, all’inizio del sibilo abbassate la fiamma e calcolate 45 minuti di cottura.
Cospargete gli ossibuchi con il trito di scorza di limone e di prezzemolo e serviteli (meglio con un risotto alla milanese o del pure’, ma anche un’ottima polenta, sempre in pentola a pressione, come ho fatto io).
Per la cottura della polenta FIORETTO in pentola a pressione, ho seguito il mio procedimento – che troverete qua – usando la proporzione di 1:3,5
Volevamo farci mancare forse un ultimo dolcino?
Buon appetito
Un po’ qua … und ein bisschen dort