Perche’ si festeggia la Befana?
Una delle ipotesi più accreditate di questa ricorrenza ricorda che i Romani erano soliti omaggiare Madre Natura agli inizi del mese di gennaio,
precisamente 12 giorni dopo il solstizio d’inverno.
Essi festeggiavano la morte e la rinascita della Natura stessa ritenendo che Diana, dea della vegetazione, dell’abbondanza e della caccia, volando sopra le messi potesse propiziare la fertilità delle terre.
Cosi l’origine pagana della Befana è connessa ai remotissimi riti benigni praticati in agricoltura, ereditati dai Romani quali riti ancestrali, con la credenza appunto che alcune figure femmininili, volando sui campi, ne favorivano la produttività.
L’aspetto da “vecchina” con cui essa viene rappresentata sarebbe da mettere in relazione con l’Anno Trascorso, ormai pronto per essere bruciato per “rinascere” come Anno Nuovo, mentre l’uso di fare doni assumerebbe un valore propiziatorio per il nuovo nato.
Con l’avvento della Chiesa tutte queste convinzioni furono bollate al pari dei riti satanici ma queste pratiche, essendo fin troppo radicate nella cultura collettiva, sopravvissero.
Il volo sopra ai campi avveniva a cavallo di una scopa.
Perchè proprio con tale mezzo?
Ebbene, sempre nell’antica iconografia le streghe volano a cavallo di una scopa.
La scopa, prezioso strumento domestico preposto alla raccolta della sporcizia, simbolicamente è catalizzatore del Male e si potrebbe anche pensare che possa esprimere il bisogno di sbarazzarsi dell’incomodo/avversita’/sventura dopo averlo neutralizzato.
Un facile esempio di purificazione e’ proprio il pensare che, sempre nella tradizione popolare, si usava spazzare il pavimento di casa dopo una visita sgradita.
Ma ancora oggi la tradizione di tenere appesa dietro la porta di casa la « scopetta scacciaguai » e’ presente nella nostra cultura.
All’inizio la Dea non era rappresentata come una donna brutta e vecchia, ma fu la Chiesa Cattolica dell’Alto Medioevo che, per condannare questi riti pagani, le trasformo’ i connotati: da Dea a Strega (Befana) con capacita’ del volo.
Da qui anche la preparazione dei falo’, con il « Brusa la vecia », tutte manifestazioni atte a bruciare tutto cio’ che e’ legato all’anno trascorso, dando il benvenuto al nuovo, al futuro, e, per chi si affida alla terra, al nuovo raccolto.
L’immagine di vecchiaia si rifa alla Madre Natura quando giunge alla fine del suo ciclo annuale di vita, cosi’ la si ritrova invecchiata, esaurita e imbruttita per quanto vissuto.
A quel tempo la cenere e il carbone non rappresentavano un regalo punitivo per i bambini che non si erano comportati bene: erano dei doni anch’essi collegati ai riti agricoli dei falo, nei quali si bruciavano le stoppie residue del raccolto, cosi’ che cenere e carbone erano diventati un simbolo magico di fecondità per il nuovo raccolto.
In particolare il carbone simboleggiava l’energia nascosta nella terra, il fuoco celato pronto a rivivere nuovamente dopo essere stato (ri-)acceso dal nuovo sole primaverile.
Davanti ai falo si usava ristorarsi con vin brulè, in compagnia e davanti al fuoco, osservando il movimento delle faville, si sperava cogliere buoni auspici per la successiva stagione ed il successivo raccolto.
Non tanto diverso da ora..
In seguito, passato l’Alto Medioevo e superato forse il periodo di maggiore oscurità, la Chiesa Cattolica volle levigare il significato diabolico della Befana attribuendole un’immagine più bonaria, ricollegandola alla storia dei Re Magi.
Ecco che, cosi’ facendo, questa figura racchiude in se stessa una doppia anima: quella pagana, personificata dalla Dea Diana, e quella cristiana, collegata all’adorazione dei Magi.
Per capire però perché tale strega sia divenuta il simbolo dell’Epifania ci vengono incontro la parola “epifàneia” e una leggenda del XII secolo rivisitata in chiave cristiana.
Il termine “epifàneia”, in greco antico, fa riferimento ad apparizione, manifestazione.
Ed e’ proprio questo lemma che utilizziamo per indicare e ricordare la visita dei Re Magi, portatori di oro, incenso e mirra, al piccolo Gesù.
Una conferma la troviamo ulteriormente nell’etimologia del nome che, nel corso dei secoli, si è trasformato da Pifania, poi Bifania, quindi Befania ed infine Befana.
Un evidente tentativo di cristianizzare il misterioso e inquietante personaggio, trasformandolo nella personificazione femminile della festa attuale.
Non scordiamoci poi la leggenda che narra che, durante il percorso per giungere alla capanna di Giuseppe e Maria a Betlemme, i Re Magi chiesero ad un’anziana donna se poteva indicare loro la strada, ma ella si rifiutò.
Poco dopo si pentì della scortesia fatta, mise un po’ di dolci all’interno di un cesto e andò, invano, in cerca dei tre uomini.
Non riuscì più a trovarli e da allora erra per il mondo donando dolciumi ai bambini per farsi perdonare.
La befana, dunque, sta per morire, per andarsene, deve lasciare il posto al suo Nuovo Erede (cioè all’anno nuovo, al raccolto successivo), ma prima di lasciare offre regali e dolciumi. Metaforicamente i doni non sono altro che i semi, grazie ai quali Madre Natura riapparirà nel nuovo anno con sembianze fresche e giovanili.
Come dire « La Befana muore , viva la Befana »…
Un po’ qua … und ein bisschen dort