…” Me stai de fronte, lucido e ‘mbiancato, la panna te percorre tutto in mezzo, co ‘n sacco de saliva nella gola, te guardo ‘mbambolato e con amore.
Me fai salì er colesterolo a mille, lo dice quell’assillo d’er dottore, ma te dirò, mio caro maritozzo, te mozzico, poi pago er giusto prezzo! .”
(Ignazio Sifone, Ode ar maritozzo, Garbatella, 1964).
Quest’ode al “maritozzo” e’ sicuramente il modo piu’ appropriato per descriverlo e per descrivermi quando penso a “lui”.
A MontePorzioCatone ho cercato nuovamente di trovare i “maritozzi” e, con grande sorpresa, il bar vicino alla nostra postazione li ha preparati!
Purtroppo non ricordo il nome di questo meraviglioso gestore, che ha saputo rallegrare la mia giornata per moltissimo tempo.
Per me e’ stato un “ritorno al passato” ed alle giornate trascorse a Roma.
Ma che cosa e’ questo “maritozzo” che mi ha fatto perdere la testa?
Secondo Wikipedia
Il maritozzo è un dolce tipico dell’Abruzzo (in particolar modo della città di Roseto degli Abruzzi).
Consiste in una piccola pagnotta impastata con farina, uova, miele, burro e sale che, tagliata in due longitudinalmente, è solitamente farcita con abbondante Panna montata.
La ricetta avrebbe origini che risalgono sino all’Antica Roma.
Tradizionalmente il maritozzo veniva riempito con pinoli e scorzetta d’arancia candita.
La forma è quella di un panino arrotondato (almeno la variante romana).
In origine era più grande dell’attuale, una sorta di pagnotta impastata con farina, uova, miele, burro e sale.
Si racconta che per secoli le donne la facevano per stivarla nelle bisacce di pelle o stoffa dei braccianti che, lontano da casa per tutto il giorno, dovevano portare con se l’essenziale per nutrirsi.
Sembra che nel Medioevo queste pagnotelle fossero una sorta di “dolce d’emergenza” che si mangiava soprattutto in Quaresima, preparato in modo leggermente diverso: la pezzatura era minore, il colore più scuro, l’impasto arricchito con uvetta, pinoli, e canditi. “Er santo maritozzo”, detto anche Quaresimale, era una delle poche deroghe concesse al digiuno del periodo.
Inoltre, secondo una tradizione successiva, il Maritozzo divenne anche il dono bene augurante che il fidanzato regalava alla promessa sposa il primo venerdì di marzo (odierno San Valentino).
In questo caso il dolce aveva in superficie una decorazione di zucchero rappresentante due cuori trafitti, e talora celava un anello o un piccolo oggetto d’oro.
L’origine del nome deriverebbe dalla deformazione burlesca di “marito”, cui contribuisce anche la forma, vagamente fallica, sottolineata dal paeta romano Gioacchino Belli (‘800) che li descriveva come: «pani di forma romboidale composti di farina, olio, zucchero e talvolta canditure, o anici, o uve passe… di questi pani si fa un gran consumo in Quaresima»
Oggi il Maritozzo resta un classico dolce da caffetteria, semplice o ripieno di crema o panna montata, chiamato anche Panmarito, Panparito, Maritello a seconda dell’area dove viene preparato.
Un po’ qua … und ein bisschen dort