Dopo diversi anni di assenza dall’ufficio, avendo avuto la possibilita’ di poter lavorare al 100% da casa, ieri ho rimesso piede.
Lo scopo ufficiale era quello di riconsegnare tutti gli apparati elettronici e tutto cio’ messomi a disposizione della mia ditta per poter lavorare.
Lo scopo ufficioso era quello di partecipare ad un “party di addio” tra colleghi.
Ebbene si , non sono stata l’unica ad essere lasciata a casa.
Tutti i miei colleghi/e della stessa organizzazione interna hanno avuto la stessa, fine. Managers inclusi. Nessuno e’ stato “dimenticato”.
Come poter festeggiare al “meglio”
Ho rifatto la mia Guinness Cake, automotivandomi con un “drink and forget”.
La volta scorsa non avevo inserito la ricetta, quindi provvedo immediatamente.
NON si tratta di farina del mio sacco, ma la ricetta e’ quella di Misya.
Ingredienti per uno stampo da 24cm
250 gr di burro 400 gr di zucchero di canna 3 uova 100 gr di panna acida 250 gr di farina 00 90 gr cacao 330 ml di Guinness 1 bustina di lievito per dolci 1 cucchiaino di essenza di vaniglia Per il frosting 250 gr di philadelphia 100 gr di panna acida 1 cucchiaino di essenza di vaniglia 110 gr di zucchero a velo
Procedimento
In una ciotola lavorate lo zucchero di canna con il burro ammorbidito.
Aggiungete le uova, una per volta aspettando che il pruimo uovo sia stato incorporato al composto prima di aggiungere il successivo.
Mettete ora la panna acida e l’essenza di vaniglia e continuate a montare.
Da parte, in una ciotola, setacciate il cacao ed aggiungete poco alla volta la birra.
Mescolate fino ad ottenere una pastella spumosa quindi aggiungetene metà al composto e amalgamate.
Setacciate a parte la farina con il lievito e versartene metà nell’impasto. Unite poi la pastella di cacao e birra rimasta e in ultimo quella di farina.
Una volta ottenuto un impasto liscio ed omogeneo,versatelo in uno stampo imburrato ed infarinato.
Livellate la superficie e cuocete in forno preriscaldato statico a 180 °C per 1 ora.
Una volta sfornata la torta fatela raffreddare completamente.
Intanto preparate il frosting montando con le fruste elettriche formaggio, panna acida , zucchero a velo ed essenza di vaniglia.
Glassate quindi la torta con frosting ottenuto. Mettete la torta guinness in frigo per almeno 1 ora prima di servirla.
Direi che, almeno, e’ piaciuta a tutti i partecipanti.
O forse ha riscosso riconoscimenti soprattutto per li “logo” apportato sul frosting?
Il lasciare i colleghi mi ha rattristato, ma non piu’ di tanto.
Non ho un cuore di ghiaccio ma, avendo lavorato prevalentemente da casa in tutti questi anni a Patatolandia, non ho avuto modo di integrarmi a pieno con loro.
Logicamente fatta eccezione per i pochi con i quali avevo degli scambi di opinioni lavorative, ma anche personali, non siamo andati oltre.
O il mio capo, che sentivo telefonicamente tutte le settimane (o al bisogno).
Lo stesso tipo di relazione e’ quella che ho con i miei ex-colleghi italiani.
L’amicizia non e’ terminata, esistendo ancora present il rispetto reciproco e/o l’aiuto in caso di necessita’ (del cliente).
Molto spesso il problema principale nel conservare i rapporti e’ dato dalla lontananza, 10 anni nel mio caso.
E non e’ una situazione banale.
Un’altra enorme differenza che ho notato e’ quella che qui la prendono “easy”.
Non ho visto un’enorme preoccupazione nel DOVER cercare un lavoro, un nuovo rimpiazzo. Pochi inizieranno a lavorare da subito.
Molti si godranno del tempo per rigenerarsi, andando a sciare, in vacanza o facendo attivita’ per il loro benessere fisico (piscina, palestra).
Io?
Non lo so ancora.
Quello che mi manca (e che mi manchera’ per un bel pezzo) sara’ la connessione con l’ufficio. Soprattutto i rapporti _virtuali_ con alcuni colleghi/e.
Ma la vita deve continuare.
Non ci si puo’ fermare sugli allori o piangerci sopra.
Alziamo la testa e rimbocchiamoci le maniche.
Ho una citta’ ancora tutta da esplorare e da conoscere.
PS: Lo so, il logo sulla torta e’ quello della societa’ in cui TUTTI noi eravamo impiegati precedentemente.
Ma il nostro cuore e’ ancora li, non nella societa’ “attuale”.
Un po’ qua … und ein bisschen dort