E l’ultimo… chiude la porta.

Non so neppure io bene da che parte iniziare…

ho sempre chiesto a Stephan di essere mantenuta a casa e di non lavorare.

Ora, pero’, la mia richiesta si e’ avverata.

Non e’ stata una scelta da parte nostra (familiare) ma della nostra azienda, una tra le tante multinazionali americane (Stephan ed io lavoriamo insieme).
I responsabili di altissimo livello hanno deciso di ridurre il personale dislocato in molte nazioni, tra cui l’Europa, l’Australia, Singapore ed altre ancora.

La loro idea e’ quella di centralizzare il servizio in poche localita’, definite a basso costo, cosi’ da tagliare una buona fetta di costi (=personale).

Molti miei colleghi ci hanno gia’ lasciato.
Ed ora tocca anche a noi.

Ecco, ora non vorrei entrare nel merito delle decisioni aziendali prese, siano esse giuste o sbagliate, personali e non, ma, tirando la somma,  NOI (Stephan e la sottoscritta) ci troviamo entrambi “nullafacenti”.

L’idea di alzarmi alla mattina e di non mettermi seduta di fronte al computer per tutto il giorno mi alletta molto, non lo metto in dubbio.
Il fatto di non dover discutere con il cliente nel tentare di risolvere i suoi problemi, ma pensare piu’ ai miei e’ un incentivo… in positivo?

Ma se penso a tutti gli anni trascorsi facendo la spola per viaggi disperati , per recarmi al posto di lavoro e lavorando (ho iniziato subito, appena uscita da scuola, quindi da quando avevo 18anni)… ora il “non far niente” mi sta stretto e pesa.

Consideriamo pure tutti i libri, manuali, documentazione letta, studiata, capita per.. buttare via tutto.

Non ho parole, solo rimpianti.

E, come dicevano nella sigla finale di SuperGulp…

Un po’ qua … und ein bisschen dort

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