Ho abitato ad Arese per piu’ di 20 anni, e nella Villa Arconati non ci sono mai andata.
A Castellazzo di Bollate si, quando si era giovani, ogni tanto si attraversava la Varesina per recarsi ai “Quattro Leoni” (un tempo era un pub/birreria/paninoteca).
Ed oggi?
Dopo decenni finalmente decido che e’ ora di fare una visita alla Villa, con Tobias.
Il Nonno ci ha accompagnato ma, essendo un giro turistico con guida del solo giardino, alle 10 e sotto il sole cocente, gli suggerisco di non partecipare e di andare a far vedere l’auto che ha un rumorino sospetto (poi si e’ scoperta fosse la frizione).
Villa Arconati (detta anche Palazzo Arconati), conosciuta popolarmente come il Castellazzo, è una delle ville storiche del Parco delle Groane.
Si tratta di un esempio di barocchetto lombardo settecentesco ed è stata dichiarata monumento nazionale.
Per la sua ampiezza e lo stile grandioso, nelle guide settecentesche era definita la petite Versailles italienne (“piccola Versailles italiana”).
La villa nacque per volontà di Galeazzo Arconati come residenza di campagna e luogo ove accogliere la sua preziosa collezione di opere d’arte e sculture antiche.
Il palazzo è costituito da elementi armonizzati architettonicamente insieme, si articola su una superficie di 10 000 m² (divisi in 70 ambienti) e, secondo una leggenda locale, ha un totale di 365 finestre.
Il parco del palazzo si estende su 12 ettari di terreno.
Oggi la Villa,insieme al suo giardino, e’ di proprieta’ e sede della Fondazione Augusto Rancilio.
Dell‘interno della villa abbiamo visto solamente poche stanze al piano terra, tra cui in una troviamo una maestosa statua del “Pompeo Arconati”.
La statua fu acquistata a Roma da Galeazzo Arconati e portata a Castellazzo di Bollate nel 1627.
In passato si pensava fosse la statua di Gaio Giulio Cesare ma poi, studiandola con piu’ attenzione, si e’ scoperto essere di Pompeo Magno.
Per accedere ai giardini, bisogna attraversare un ulteriore cancello, con le relative statue che sorvegliano il passaggio
Il giardino predisposto dall’Arconati era un giardino contraddistinto dall’eterogeneità dei materiali utilizzati ed in particolare delle differenti “pietre da fabbrica” per la realizzazione delle nicchie, delle statue e dei teatri monumentali del parco, oltre ovviamente alla gran quantità di alberi come carpini, faggi, castagni e alberi da frutto come peri, limoni e cedri per la definizione dei viali e dei berceaux.
La struttura dei giardini è molto formale, con tre assi prospettici principali da cui si dipartono assi diagonali minori.
Lo spettacolo delle fontane era fornito dalla “noria“, una ruota idraulica che prendeva acqua dalla falda sottostante il terreno, azionata da un argano mosso a sua volta da un cavallo, secondo un sistema in uso anche per i mulini (ideata da Leonardo da Vinci).
La prima delle fontane servite con i giochi d’acqua era quella di Andromeda (detta anche “di Opi”), dove in realtà la figura della celebre eroina greca non è più presente, mentre al suo posto si trova la figura di una sirena dai cui seni zampilla l’acqua, un tentativo di raffigurazione della dea romana Opi, dispensatrice di abbondanza.
L’episodio di Andromeda salvata da Perseo era invece raffigurato in affresco sull’alta parete retrostante la fontana, raffigurato in una delle incisioni di Marcantonio Dal Re ed oggi sostituito dalla pittura muraria raffigurante racemi floreali, finte architetture e conchiglie, realizzata nella prima metà dell’Ottocento durante i lavori di restauro e riordino del Marchese Antonio Busca.
La decorazione ottocentesca è stata riscoperta nel corso dei lavori di restauro della primavera 2019, che hanno permesso anche il rifunzionamento dei giochi d’acqua del teatro.
Una delle fontane più grandi dell’intero complesso di Villa Arconati era indubbiamente quella di Diana, la più complessa per giochi d’acqua tanto che recava sulla parte retrostante la propria “noria”, la quale funzionava grazie ad un apposito mulino e permetteva di realizzare giochi d’acqua a pavimento per bagnare gli ospiti, proprio come nel caso di Villa Litta a Lainate.
(Non abbiamo avuto modo di visitarla)
Non tutto sembra come si vede.
Questa costruzione, infatti, e’ particolare per il tromp-l’oil dato che la sagoma e’ semplicemente disegnata, in modo perfetto, tanto da donare profondita’ alla struttura.
Altre fontana sono disseminate nell’immenso parco, come quella delle Quattro Stagioni.
Vicinissima a quest’ultima troviamo la Scalinata dei Draghi, che ci conduce nel giardino alla francese.
La differenza con quello italiano (che abbiamo prediletto) e’ il taglio delle piante, molto basso, cosi’ da poter vedere un orizzonte infinito.
Trascorsa l’ora a nostra disposizione, non ci e’ restato che uscire dai cancelli e, passeggiando per il parco delle Groane, arrivare a casa.
E’ stata una bella visita, decisamente istruttiva.
Ed un modo intelligente per trascorrere qualche ora fuori di casa, lontano da Internet
Per Informazioni
Fondazione Augusto Rancilio
via Fametta, 1
Bollate (MI)
Un po’ qua … und ein bisschen dort